Critico d’arte, collezionista, amico di grandi artisti, Daniele Crippa ha testimoniato il suo amore per l’arte creando a Portofino il Museo del Parco Centro Internazionale di Scultura all’Aperto. Come molti liguri prima di lui, – così come Montale ci ha raccontato – anche lui ad un certo momento della sua vita assentito il richiamo di un altro mondo e a rivolto il suo sguardo all’Argentina. Proprio qui in Argentina, dove vive per molti mesi l’anno, mettendo il suo amore per l’arte al servizio di un progetto culturale e umanitario cui collaborano l’Unicef di Genova, il Museo del Parco di Portofino e la Fondazione Argentia del Museo del Parque. La sua passione per la cultura e l’arte, la sua formazione cattolica e l’amore per la sua seconda patria, l’Argentina, lo hanno spinto alla realizzazione della Chiesa degli Angeli nella regione di Salta.
LA VIRGEN DE LOS ANGELES
Il viaggio era stato faticoso, soprattutto da Buenos Aires a Tucuman le perturbazioni continue non mi avevano permesso di dormire.
Ora però c’ero. A Milagro, al campo, nel mezzo del nulla nel nord dell’Argentina.
Mentre gli altri preparavano la cena provai a farmi una doccia. Complicato. Bisognava accendere il fuoco sotto la caldaia che procura l’acqua calda. Meglio fredda, tanto qui fa caldo abbastanza.
Poi, con un asciugamano intorno alla vita, andai a visitare quel luogo un po’ strano. Era una miscela piuttosto originale di pura campagna, con l’orto e le mucche e i lama a pascolare, che si fondeva con pezzi d’arte insospettati in quel luogo lontano. Affascinante.
Cenammo in allegria e, per sconfiggere il fuso orario che stava sorgendo, bevvi anche molto vino. Lasciai gli amici molto presto e me ne andai in camera.
Era ancora buio quando aprii gli occhi perfettamente sveglio, provai a rigirarmi nel letto senza successo. Ero sveglio. Mi alzai. Il primo chiarore permetteva di distinguere appena i contorni delle colline. Mi guardai intorno, a malapena si vedevano le sagome delle mucche sdraiate, sembravano rocce in mezzo al prato. Gli uccelli cantavano nell’attesa del nuovo giorno.
La brace del fuoco della sera prima, in mezzo al prato davanti a casa, dava ancora qualche bagliore rossastro. Mi mossi verso il lago che Daniele, il padrone di casa, mi aveva detto di essere poco lontano. Volevo approfittare della solitudine per fare un bagno ristoratore, nudo come dalle nostre parti non si può più fare.
Erano pochi minuti di cammino, appena sopra la casa. Attraversai con la dovuta cautela il ruscello prima del laghetto. Si scorgevano già le piccole costruzioni, una casetta di mattoni, il forno, la tavola di pietra sotto il salice e si sentiva il rumore della cascatella. Mi tolsi i bermuda che, per pudore, mi ero messo e mi avvicinai. Ma mentre stavo per tuffarmi vidi dall’altra parte del lago, a non più di 50 metri, una figura che nuotava placidamente avvicinandosi all’altra riva. Rimasi a guardare stupito. Ma chi, oltre a me, poteva essersi avventurato nel lago? Stavo per chiamare pensando che fosse uno degli ospiti, quando la figura raggiunse la sponda e, dandomi le spalle, a lenti passi, uscì dall’acqua. Era una ragazza, con lunghi capelli neri che le scendevano fino quasi a coprire le terga nude. Si fermò pochi istanti strizzandosi i capelli e raccogliendoli in una crocchia e, con lenti passi misurati si allontanò. La guardai ipnotizzato. Era bellissima, alta, magra, si muoveva con studiata eleganza come se sapesse che la stavo guardando. Se ne andava, completamente nuda, con un’andatura regale passandomi poco lontano senza vedermi. Scivolò dietro un cespuglio e scomparve. Provai ad allungare il collo per capire dove potesse essere andata, ma nulla. Sparita.
Nuotai per almeno un’ora, era veramente piacevole. La frescura dell’acqua cristallina mi stava riportando le forze. Pensavo a quella strana apparizione e a come avrei fatto a chiedere a Daniele notizie. Un’ospite che non c’era a cena? La figlia di qualcuno della zona?
Arrivai che Cristina stava già preparando il tavolo della colazione.
Non accennai al mio incontro.
Mi vestii in fretta e andai a cercare Daniele.
Raccogliemmo la legna e tornammo. Io, comunque, ero molto pensieroso.
Passammo la mattinata facendo una bellissima passeggiata risalendo il ruscello che cascava nel lago. Risalimmo, camminando nell’acqua, fino alle cascate dove era anche possibile fare una doccia tonificante. Il pittore, ospite di Daniele, cercava ispirazione da quelle rocce levigate dall’acqua e dalla natura lussureggiante. C’erano centinaia di farfalle colorate che ricoprivano rocce intere e, quando ti avvicinavi, prendevano il volo come una nuvola per poi posarsi poco lontano. C’erano uccellini acquatici che se ne stavano a cercare cibo nelle pozze d’acqua ferma. Era un vero spettacolo.
Ma io ripensavo alla bagnante.
Al pomeriggio provammo i vestiti per la festa della Madonna della Candelaria dell’indomani. In paese sarebbero arrivati centinaia di gaucho a cavallo o sui carri per la processione. Daniele e Cristina ci avevano procurato i sombrero e i poncho per non essere additati come turisti qualunque. I calessi erano già stati agghindati secondo la tradizione.
Andai a dormire molto presto subito dopo cena, volevo tornare al lago all’alba. Speravo di rivedere la mia, oramai la consideravo mia, bagnante.
Mi svegliai infatti molto prima dell’alba, l’agitazione non mi aveva fatto dormire.
Arrivai al lago che quasi non vedevo dove mettevo i piedi e mi misi nuovamente dove ero stato la mattina precedente.
Eccola. Solo un fruscio d’acqua e la vidi che scendeva nel lago sempre con il suo passo regale come se stesse scendendo una comoda scala anziché la sponda sconnessa. Era ancora più bella di come la ricordavo. Veniva verso di me, forse guardandomi ma dando l’impressione di non vedermi. Doveva essere molto giovane, nel vago chiarore la sua pelle sembrava bruna e i suoi occhi brillavano. Ne rimasi estasiato. La guardai, nascosto, mentre scendeva lentamente in acqua e mentre, con lenti movimenti, nuotava fino quasi a me. Poi si voltò e tornò indietro. Uscì dall’acqua, si strizzò i capelli, li raccolse e si allontanò. Dietro il cespuglio scomparve. Mi mossi rapido per vedere dove andava ma, no, sparita. Mi avvicinai al cespuglio per capire. Non c’era nulla da capire, c’era un prato e degli alberi. Nessun nascondiglio, nessun passaggio segreto. Un mistero.
A colazione mi avvicinai a Daniele.
La processione fu stupenda. Più di cinquecento gauchos, chi a cavallo chi sul calesse con donne e bambini, tutti vestiti secondo tradizione. La banda accompagnava la processione suonando le musiche religiose e quelle folcloristiche di quella parte di Argentina.
Entrammo, la chiesa era già piena di gente. Nelle prime file i notabili, tutti rigorosamente col sombrero in testa e il fazzoletto votivo annodato al collo. A fianco le donne, molte di loro in abiti tradizionali. Al centro, appoggiata ad un alto piedistallo, la Madonna nera della Candelaria, venerata in tutto il Sudamerica. A fianco i santi, pronti per essere portati in processione.
A fianco della Madonna una ragazza bellissima, di pelle appena scura, avvolta in una tunica bianca.
Radunammo gli amici e tornammo al campo.
Più tardi accesi il fuoco per preparare la brace per la sera. Guardavo le fiamme ipnotizzato. Ma chi era? Perché nessuno la conosce?
L’indomani tornai al lago. Lei venne. Quando la vidi scivolai anch’io in acqua e nuotai silenziosamente verso di lei. Nuotavo, ma non mi avvicinavo. Lei fece il suo giro e io non riuscivo a muovermi pur facendo un grande sforzo. Uscì e sparì. Esattamente come i giorni precedenti.
Quando incontrai Daniele a colazione lo pregai di accompagnarmi di nuovo in paese.
Aspettammo la fine della messa per entrare in sacrestia dove trovammo il parroco che si stava togliendo le vesti.
Gli facemmo i complimenti per la festa del giorno prima e lui ne fu lusingato. Poi, quasi fosse senza importanza, gli chiesi:
Tornammo a casa in silenzio, non c’era nulla da dire. Le curve e i sobbalzi della strada sterrata non riuscivano a scalfire il nostro mutismo incredulo e attonito.
Ma prima del cancello del campo Daniele fermò l’auto e, con la voce rotta, disse:
Dedicato a Daniele
31 luglio 2019
Giorgio Chiarva